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André Breton, avanguardia, Cinema, Guillame Apollinaire, La Révolution Surréaliste, Louis Aragon, surrealismo
Inizia oggi, il primo Lunedì di questo Agosto, la dedica di KinemaTrip ad uno degli apici avanguardistici in campo artistico e cinematografico, il surrealismo. In questo primo appuntamento, a cui seguiranno incontri a cadenza settimanale, scopriamo cos’è il surrealismo.
É Guillame Apollinaire a coniare, nel 1917, il termine “surrealista” utilizzandolo nel proprio dramma Le mammelle di Tiresia, in cui i protagonisti vedevano le proprie ombre staccarsi dal corpo e parlare a sé stesse e con cui Apollinaire ribadisce l’intenzione e il bisogno dell’arte di abbandonare gli schemi tradizionali per affidarsi ad una nuova, sovversiva etica.
“SURREALISMO, s. m. – Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.”
É con questo brano che André Breton, fondatore del movimento surrealista, apre il primo Manifesto del Surrealismo nel 1924, evocando il termine coniato sette anni prima, donandogli una nuova funzione ma rispettando le intenzioni del suo ideatore. Nato come movimento letterario, e poi apertosi alle arti figurative, il surrealismo succede al fallimentare dadaismo, ritrovatosi dopo poco in uno stagnante vuoto intellettuale e produttivo. Ma il movimento fondato da Breton rivela velocemente di essere più funzionale della precedente avanguardia, proponendosi di scavare nelle profondità dell’animo umano, esplorandone l’inconscio e riproducendone l’iter irrazionale e incontrollato.
Il surrealismo porta a galla elementi della psicologia umana mai, fino ad ora, così palesemente analizzati dall’arte letteraria e figurativa. La possibilità di esaminare liberamente i propri limiti, mettendo nero su bianco ossessioni e paranoie affascina diversi esponenti dell’arte contemporanea, quali Joan Miró , Antonine Artaud, René Magritte, che dal Dicembre del 1924 contribuiranno alla crescita della rivista “La Révolution Surréaliste”, su cui vengono pubblicati diversi interventi, come la celebre inchiesta sulla sessualità nel n.11 della rivista (Marzo 1928) e “Il Cinquantenario dell’Isteria. 1878-1928”1 firmato da Breton e Louis Aragon.
Gli artisti aderenti al surrealismo esaminano i propri fantasmi, mettendo a disposizione del pubblico manifestazioni figurative di sessualità repressa o deviata, comportamenti mentali tipici dell’inconscio represso dalle norme sociali, religiose, culturali, avvertite dai surrealisti come strette e inadeguate alla libertà instintiva dell’animo umano. Il mondo agognato dai surrealisti, a partire da quello interiore e personale, è svincolato da tradizioni, caste ed eccessive sovrastrutture. La libertà intellettuale e morale dell’uomo è da ricercare, quindi, nei residui primitivi propri dell’essere umano.
Fino alle avanguardie l’arte ha cercato di parlare dell’umanità attraverso la bellezza, ora i surrealisti si impegnano ad esaltare ciò che ancora non era stato neanche considerato “cultura”. La spazzatura, sempre evitata dall’arte canonica, lo studio del brutto e del grezzo, l’ammissione di immagini vergognose e riprorevoli, acquisiscono dignità diventando nuovo mezzo di analisi. Così i surrealisti rivalutano il cinema popolare di Méliès e gli scritti del Marchese de Sade, lungamente disprezzati dalla cultura alta, divengono i testimoni di una nuova estetica: quella del primitivo e del grezzo, dello sporco e dell’osceno. E i surrealisti, affamati di sovversione e rivoluzione, sono i fondatori della nuova, eccezionale estetica che non bada alle tradizioni ma anzi mira a distruggerle.
Al prossimo incontro, con “l’automatismo psichico puro” ed i suoi metodi!
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1. «La crisi isterica prende forma a spese della stessa isteria, con la sua aura superba e i suoi quattro periodi (di cui il terzo ci rievoca alla stessa maniera i tableaux vivants più espressivi e più puri, la cui risoluzione è tanto semplice nella vita normale. L’isteria classica perde i suoi tratti nel 1906: “L’isteria è lo stato patologico che si manifesta attraverso dei disturbi che è possibile riprodurre per mezzo della suggestione, presso certi soggetti, con un’esattezza perfetta, e che sono suscettibili di sparire sotto l’influenza della sola persuasione (controsuggestione)” (Babinski).
Noi non vediamo, in questa definizione, che un momento del divenire dell’isteria. Il movimento dialettico che l’ha fatta nascere segue il suo corso. Dieci anni più tardi, sotto il deplorevole travestimento del pitiatismo, l’isteria torna a riprendersi i suoi diritti. Il medico resta stupefatto. Egli vuole negare ciò che non gli appartiene.
Proponiamo dunque, nel 1928, una nuova definizione di isteria: L’isteria è uno stato mentale più o meno irriducibile che si caratterizza per la sovversione dei rapporti che si stabiliscono tra il soggetto e il mondo morale di cui egli crede in pratica di appartenere, al di fuori di qualsiasi sistema delirante. Questo stato mentale è fondato sul bisogno di una seduzione reciproca, che spiega i miracoli prematuramente accettati come suggestione (o contro-suggestione) medica. L’isteria non è un fenomeno patologico e può, sotto ogni punto di vista, essere considerata come un mezzo supremo d’espressione» Breton, A, Aragon, L. (1928) da “Le cinquantenaire de l’hystérie. 1878-1928″, La Révolution Surrealiste, 15 marzo 1928
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4t4m4t4 ha detto:
il caso non esite
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kinematrip ha detto:
Anche lei concorda?
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4t4m4t4 ha detto:
sono sicurissimo che non esiste
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kinematrip ha detto:
Ultimamente me ne sto convincendo anche io
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